Nello scorso mese di ottobre abbiamo pubblicato un nostro articolo per ricordare e ricapitolare la vicenda di “Lamda”, la chatbot di Google di cui tanto si è parlato in estate per la sua presunta capacità di essere “senziente” e di provare emozioni, dunque di essere del tutto simile ad un essere umano.
L’argomento ci interessa per speculazione intellettuale, ma anche e soprattutto (in questa sede) perché anche PMC ha realizzato progetti che prevedono l’utilizzo di varie forme di intelligenza artificiale.
Torniamo quindi sulla questione delle chatbot intelligenti perché resta un argomento molto caldo – si parla e si scrive molto sulla Chat GPT (*) – e perché questi strumenti hanno già, e nel futuro avranno sempre più, una forte influenza sulla nostra vita concreta.
E ci torniamo, sulla questione, riassumendo il pensiero del professor Luciano Floridi, ordinario di Filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford. Floridi è considerato uno dei pensatori più autorevoli al mondo nel campo dell’etica digitale e dell’intelligenza artificiale, un parere quindi decisamente interessante da ascoltare.
Ebbene, come prima cosa Floridi sgombra il campo in modo secco e direi definitivo da ogni sorta di equivoco, ovvero l’intelligenza artificiale non è “umana” e una chatbot, per quanto raffinata possa essere, nulla ha a che spartire con gli esseri umani.
È una buona base di partenza questa, perché a riguardo gli “equivoci” vengono perpetrati ad arte. D’altronde la cosa è del tutto comprensibile, una forma di intelligenza artificiale che diventa umana è argomento certamente più interessante di cui scrivere, e la fantascienza si nutre da sempre anche di questa suggestione.
Bene, le chatbot sono e restano delle potentissime macchine che, governate da algoritmi scritti da esseri umani, usano le istruzioni che gli vengono fornite attingendo ad immensi database di informazioni, comprese informazioni che possiamo chiamare comportamentali, e in tal modo imparano ad interagire con noi in modo sempre più simile alla sensibilità umana.
In realtà – spiega il professor Floridi – le chatbot si comportano in maniera intelligente senza essere intelligenti, né più né meno come una calcolatrice che fa calcoli esattissimi ma nulla sa dei numeri.
Non bisogna confondere quindi il concetto di intelligenza con la capacità di espletare correttamente operazioni anche di enorme complessità. Ma questo è chiaro a tutti; dove comincia la confusione è quando la macchina interagisce con un umano anche sul piano della relazione e manifesta qualcosa che noi interpretiamo come “sentimenti”.
Non lo sono, è solo la macchina che ha imparato a riconoscere, anzi, le è stato insegnato a riconoscere, i lati emotivi del comportamento umano e quindi interagisce in un modo che noi interpretiamo come umano.
Secondo Floridi, le chatbot intelligenti lo saranno rapidamente (esponenzialmente?) sempre più, è solo una questione di investimenti (di intelligenza umana e artificiale, di risorse finanziarie) e forse un domani non sarà riconoscibile se l’output di un qualsiasi processo sia umano o di intelligenza artificiale.
Ma la differenza è e resta nell’elaborazione del processo, che nell’uomo è creativa. La macchina potrà replicare ma non sarà mai autonomamente creativa.
Ma il punto di vero interesse della discussione e delle prospettive che si aprono con la crescita sempre più elevata della capacità computazionale delle macchine, riguarda la sfera del lavoro.
Quanto ci metteranno queste macchine a sostituire l’uomo in molte funzioni? Quali lavori si perderanno? Con quali conseguenze sociali ed economiche? E la politica ha coscienza di questi sviluppi e delle conseguenze che ci saranno?
Sono molti i ricercatori che stanno avvertendo l’opinione pubblica e chi ha le responsabilità di governo, con ovvi rimbalzi sui media.
Quello che emerge dai media, infatti, è che tutti i lavori ripetitivi sono a rischio estinzione… ma non solo, la AI sarà presto in grado di sostituire anche lavori “intelligenti”, lavori in cui è necessaria la capacità di comprendere e usare astrazioni e metafore. Giornalisti, medici, avvocati… tutti a rischio!
Ma allora cosa farà l’uomo in questo domani che non è poi così lontano?
Floridi fa questa riflessione: “che tu sia solo il tuo lavoro è un’idea da borghesia ottocentesca”.
Una frase molto forte per (quasi) tutti noi, sicuramente per tutti quelli che si battono ogni giorno nell’arena del business.
Ma una frase che dice chiaramente come tutto il “sistema lavoro” sia da ripensare e questa immensa riflessione deve partire subito – siamo già in ritardo dice Floridi – prima di essere travolti dal cambiamento.
Floridi tutto sommato non è neppure pessimista sullo scenario futuro; parla di uomini che governeranno e controlleranno questi processi, ovvero il passaggio delle responsabilità (perché poi di quello si tratta) dall’uomo alla macchina e parla di colletti verdi.
Ovvero gli uomini che saranno destinati a questo compito.
La domanda che da profani ci sorge spontanea è “d’accordo, ma quanti potranno essere i colletti verdi? E tutti gli altri?”.
Saremo liberati dal giogo del lavoro e potremo dedicarci agli interessi e alla cultura? Sinceramente nutriamo qualche dubbio che possa andare realmente così.
In attesa di capire quale sia la previsione giusta, noi di PMC continuiamo a restare vigili sulle possibilità offerte dall’AI, ben coscienti che i nostri committenti e i loro clienti vogliono qualità!
E che al momento la qualità, nel nostro mondo, fa ancora rima con “esseri umani”.
(*) Chat GPT, è una nuova e ancor più potente chatbot realizzata da OpenAI (organizzazione no profit per la ricerca sull’intelligenza artificiale). I suoi progettisti si sono dati l’obiettivo di ottimizzare la conversazione e facilitare l’utilizzo da parte degli utenti, questa tecnologia ha il potenziale per migliorare ulteriormente il modo in cui interagiamo con le macchine in una vasta gamma di applicazioni, dal servizio clienti alla traduzione linguistica fino alla scrittura creativa.